Il 1977 non fu un anno ordinario.
La città di Roma trasudava violenza sotterranea, la stessa che vedevi serpeggiare
tra le moltitudini giovanili, ovunque vi fosse un assembramento, davanti alle scuole,
dichiaratamente invocata negli slogan che leggevi sulle facciate grigie di mostruosi
caseggiati di periferia. Quell'inverno, negli umidi sottoscala di una Spinaceto
avvolta dalle nebbie, avevamo lavorato veramente sodo. Eravamo riusciti ad esibirci
nei nuovi locali alternativi e nelle cantine, come l'Ompo's, il Joan Sebastian Bar,
il mitico Titan Club ed ovunque avessimo scovato del pubblico disposto a subire
la nostra candida aggressione sonora. Le influenze musicali tra noi erano già nettamente
delineate: Iggy Pop, Lou Reed, David Bowie, Jimmy Page, Keith Richards, Jean-Jacques
Burnel, ma ascoltavamo (od avremmo presto ascoltato) anche Xtc, Clash, Sex Pistols,
Suicide, Ramones, Patti Smith, Police, Bob Marley, Velvet Underground, Kraftwork,
Tubes, Talking Heads, New York Dolls, Eddie & the Hot Rods, Ultravox, MC’5, Psichedelic
Furs, Madness, AC/DC, Metro, Cars, Stranglers, Jam, Ian Dury, B52's...
Proponevamo, allora, una sorta di "sbarramento sonoro trasgressivo", un'esibizione
Rock primitiva depurata da qualsiasi concessione al "buon gusto" o dalla voglia
di piacere a tutti i costi. In questo senso riflettevamo il vero spirito dei tempi
che costituiva, nei fatti, la nuova attitudine Punk di provenienza londinese. Gli
idolatrati cantautori italiani emergenti erano per noi completamente slegati dall'effettivo
paesaggio sonoro urbano della fine degli anni '70, che polarizzava vigorosamente
i colori verso un Rock scarno e privo di qualsiasi compromesso o forma d’edulcorazione.
Non eravamo molti in verità ad accorgerci di questa trasformazione. Trancefusion,
Yogurth, De-Press, Take Four Doses a Roma, Decibel, Krisma, Faust'o a Milano, davvero
non me ne vengono in mente molti altri. Di quegli show degli esordi, oltre del nostro
aggrapparci come ad un cordone ombelicale agli amplificatori montati in parallelo
per una potenza sonora artificiosamente aumentata, ricordo le interminabili versioni
live di "Heroin", da noi interpretata nell'accezione rumoristica ed embrionale dei
Velvet Underground... vale a dire l'idea di una "contrapposizione totale", che nel
giro di pochi minuti dal bisbigliato sussurro iniziale induce all'incontenibile
urlo del Caos. Ecco... la "contrapposizione" rappresenta forse il fulcro delle nostre
prime esibizioni live, spesso tormentate dal celebre gesto teatrale - quanto per
mera rappresentazione? - del nostro front-man, Augusto Colaiori.
Nel crescendo parossistico di "Blood Sacrifice" Augusto si tirava il sangue con
una siringa e lo spruzzava inaspettatamente verso il pubblico, suscitando spesso
reazioni impreviste non facilmente immaginabili al giorno d'oggi. Riuscimmo a scatenare,
in alcuni ambienti, un vero e proprio piccolo dibattito culturale ma soprattutto
riuscimmo a calamitare l'attenzione degli addetti ai lavori, magistralmente coadiuvati,
in questo, dal nostro indiscusso mèntore e Vate-produttore, Aldo Bagli, celebre
redattore musicale di "Ciao 2001", la più importante rivista musicale giovanile
di livello nazionale dell’epoca. Gli Elektroshock ed il loro entourage costituivano
una micidiale "macchina da guerra", ciascuno di noi e dei nostri più stretti collaboratori
(ne cito qui uno per tutti: Fabio Ferrazzi, vero factotum nonché fotografo ufficiale
della band), si occupava diligentemente di una parte del lavoro ed i risultati non
si fecero attendere. Venimmo infatti portati alla ribalta per una breve apparizione
televisiva nella trasmissione più evoluta dell'epoca, "L'altra domenica", condotta
in Rai da Renzo Arbore, mentre anche la prestigiosa Rca lanciò segnali di un qualche
interesse nei nostri confronti. Tutto questo sfociò in una decisiva audizione live
al "Cenacolo", mitico studiolo di registrazione immerso nella (in)violata quiete
suburbana-agreste capitolina. I dirigenti dell'Rca, convenuti in pompa magna per
l'occasione, letteralmente trasecolarono innanzi alla nostra esibizione, temerariamente
coronata dall'incredibile scena di Augusto e della sua siringa. Ma tant'è: si era
fatto il 1978 ed avevamo ottenuto l'agognato contratto discografico con l'Rca! Più
precisamente con l'affiliata "NumeroUno", la celebre etichetta portata ai vertici
delle classifiche da Lucio Battisti.
Realizzammo, in previsione del nostro primo album, il sogno di tutti i giovani musicisti
dell'epoca, essere cioè condotti in un negozio di strumenti musicali con il mandato
di poter acquistare tutto ciò di cui avessimo avuto bisogno! Il line-up a quel punto,
era consolidato: Augusto Colaiori alla voce, Riccardo La Riccia e Giorgio Mastrosanti
alle chitarre, Marco Bernard al basso (prima di lui Giovanni Sinigaglia) e Nicola
Lo Briglio detto "Faina" alla batteria. Dovendo iniziare a breve le sedute di registrazione,
si rese necessario a quel punto organizzare il caotico materiale a disposizione,
parte del quale ancora allo stato embrionale. A questo scopo ci ritirammo per un
periodo in una vecchia casa di paese in un angolo sperduto del Lazio, lontani da
Roma. Qui, immersi in un atmosfera a noi estranea e decisamente più tranquilla di
quella in cui eravamo abituati a lavorare in città, ove venivamo letteralmente assediati
da orde di curiosi ragazzini di borgata, presero forma tutte le canzoni dell'album
"Asylum". L'idea del titolo credo avesse a che fare con una seduta fotografica rigorosamente
in bianco & nero di stampo neo-realista a cui partecipammo di nascosto all'interno
di una casa di cura per malati mentali (sperando di non essere scoperti!), alcuni
mesi prima. Il brano omonimo era invece una rielaborazione di una nostra curiosa
reggae song dal titolo "Lunar Girl". Clapp, l'autore del testo in inglese, tramutò
per l'occasione il personaggio principale da femminile in maschile, trasformandolo
nel "Lunar Boy" della versione definitiva, mentre anche l'impronta reggae venne
gradualmente sostituita da un arpeggio iniziale di chitarra che preludeva ad un
andamento più marcatamente Rock. Finalmente arrivarono i giorni delle sessioni di
registrazione che vennero fissate agli ambìti Trafalgar Studios in Roma. Fu un periodo
di duro lavoro, principalmente a causa della nostra totale inesperienza.
Ci aiutarono, in questo, Agazzi, (ingegnere del suono) e Manusso (ottimo chitarrista
e produttore). Quest’ultimo fu incaricato di seguirci dal punto di vista artistico-musicale.
Ci convinse, a fatica, di cambiare la scalatura delle corde delle chitarre: eravamo
soliti infatti suonare un semi-tono più in basso per ottenere il nostro tipico sound,
alquanto saturo e cupo, rispetto ai tempi. Interessante l'utilizzo d'impronta espressionistica
del Mellotron, strumento che inaspettatamente quanto casualmente ci ritrovammo a
disposizione in sala di registrazione (credo appartenesse in realtà ai Goblin).
Dopo qualche comprensibile ritrosia iniziale, lo inserimmo sperimentalmente nel
ritornello di "Prisoner Of The World" e più diffusamente in "Blood Sacrifice". Quest'ultimo
brano aveva lo stesso titolo del brano utilizzato dal vivo come colonna sonora della
citata "scena della siringa", mentre in realtà era un brano completamente nuovo,
nato durante le sessioni del nostro fecondo ritiro nell'eremo laziale. In "Prisoner
of The World" utilizzammo accordature non convenzionali e facemmo suonare a ritroso
alcune parti di chitarra, mentre in "Asylum" e nella stessa "Blood Sacrifice" cantò
un coro femminile di rinforzo (le graziose Baba Yaga). Emuli delle scintillanti
performance chitarristiche dell'ultimo Bowie di "Lodger" ricordo, inoltre, i lancinanti
soli di Riccardo La Riccia ottenuti attraverso repentini cambi sulle bande di equalizzazione
manipolate in diretta dal Ferrazzi su un amplificatore "Acoustic". In corso d'opera
il nostro modo di lavorare, a dispetto del nostro essere volutamente "grezzi" ci
stava portando verso un utilizzo più creativo della sala di registrazione. Per l'uscita
di "Asylum" ci avvalemmo, dal punto di vista del look della band, della preziosa
collaborazione artistica di Ivan Cattaneo, emergente e trasgressivo cantautore milanese.
Per l'occasione ci portò con sè a Milano per una serie di sedute fotografiche ove
vennero realizzate locandine, poster ed altro materiale promozionale di supporto.
Dopo l'uscita di "Asylum" seguì un periodo di stasi in cui girammo l'Italia per
concerti ed interviste radiofoniche, ci capitò anche di suonare di spalla agli scozzesi
"Average White Band" (sebbene il binomio Funky-Pop / Rock non funzionò mai a dovere).
Si verificò quindi un periodo di crisi culminato nella scissione dall'Rca. A questi
avvenimenti seguì l'ingresso del cantante irlandese David Mac Adams, letteralmente
prelevato da Piazza Navona, ove era solito esibirsi davanti a piccole folle di curiosi
passanti. L'arrivo di David fu l'occasione per rinnovare il repertorio della band
e fondare una nuova era. Il sound venne arricchito da vagonate di sano Rock'n Roll,
riff asciutti e ripetuti, chitarre accordate in maggiore ed interventi di scivolose
"slide". A questa manciata di nuovi brani mono-rock fece da contraltare la più melodica
ballad "Stranger", nelle nostre intenzioni un singolo in grado di richiamare, per
analogia, il precedente brano "Asylum". Registrammo entusiasticamente il nuovo materiale
ai "Grop Studio" in Roma, certamente con minori mezzi a disposizione in termini
di tempo, risorse economiche e tecnologia. Nonostante questo, vi fu ugualmente da
parte nostra la volontà di proseguire il piccolo percorso di ricerca iniziato ai
Trafalgar tentando di "personalizzare" il sound tramite l'aggiunta di innovativi
sequencer, tastiere e brevi frasi di fiati. Terminate le registrazioni, continuammo
l’attività live, procurandoci, al culmine, un’esibizione al Teatro Tenda a Strisce,
vero tempio del Rock capitolino. L’evento, in gran parte autoprodotto, fu possibile
grazie al duro lavoro di tutti (ricordo ancora la faticosa opera di volantinaggio)
ed alla collaborazione di Riccardo Bernard, fratello di Marco. A parte gli iniziali
disordini tra giovani e forze dell’ordine (!), gli sforzi furono coronati da un
buon successo, testimoniato anche dalle ottime critiche musicali apparse l’indomani
sui quotidiani dell’epoca. Il nostro secondo album, nonostante l'interesse di un’importante
etichetta discografica milanese, non venne mai pubblicato. Ci sciogliemmo definitivamente
qualche mese più tardi.
Long Live Rock!
Giorgio Mastrosanti, febbraio 2011
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